Museo Archeologico Hippana

Museo Hippana di Prizzi: Un Tesoro Archeologico da Scoprire

Il Museo Hippana di Prizzi è un luogo che racconta millenni di storia e di cultura, testimoniando l’importanza strategica e culturale del territorio. La struttura si dedica alla conservazione, valorizzazione e narrazione dei reperti archeologici rinvenuti nell’area, offrendo un viaggio nel tempo attraverso insediamenti, usanze e testimonianze della vita antica.

La Carta Archeologica del Territorio

Le ricerche archeologiche condotte nel territorio di Prizzi e nelle zone limitrofe hanno portato alla luce un ricco mosaico di siti di interesse. Ben 64 aree archeologiche sono state individuate, di cui 48 nel territorio comunale di Prizzi, mentre i restanti si distribuiscono tra i comuni di Palazzo Adriano, Castronovo di Sicilia, Vicari e Corleone. Questa ampia documentazione rivela l’importanza storica e culturale della zona, specialmente nelle aree montuose meridionali, dove si concentra la maggior parte dei ritrovamenti.

Museo Archeologico Hippana

Corso Umberto I, 37 – 90038 Prizzi PA
Referente: Ufficio Turistico Comunale
Possibilità di visita:
Accesso disabili:
Costo biglietto: Gratuito

Orari di apertura
  • Martedì: 9:00-13:00 / 15:00-19:00
  • Mercoledì: 9:00-13:00 / 15:00-18:00
  • Giovedì: 9:00-13:00 / 15:00-19:00
  • Venerdì: 9:00-13:00
  • Sabato: 16:00-20:00
  • Domenica: 9:00-13:00

Il Quadro Storico

La Sicilia in età Greca

Nei secoli in cui fu in vita l’abitato sulla Montagna dei Cavalli (VII – III a. C.) il quadro delle popolazioni della Sicilia era variamente articolato. La presenza più rilevante dal punto di vista storico e politico era rappresentata dalle colonie greche, fondate a partire dall’VIII secolo a.C. Nello stesso periodo la cuspide nord-occidentale era interessata dalla colonizzazione fenicio-punica, con le fondazioni di Mozia, Palermo e Solunto.Tra le popolazioni indigene, preesistenti alla venuta di Greci e Fenici, i Siculi occupavano la metà orientale, i Sicani quella occidentale. Quanto agli enigmatici Elimi, da alcuni storici ritenuti di origine troiana, da altri italica, le loro città erano Segesta, Erice ed Entella.
L’isola visse in questi secoli un momento felice ed irripetibile. In breve tempo il fermento culturale, innestato dalle fondazioni greche lungo le coste, si trasmise a tutte le genti dell’isola; anche tra le popolazioni dei villaggi situati nei territori più interni, come nel caso di Montagna dei Cavalli, le trasformazioni dei costumi e delle tradizioni indigene furono profonde. Quest’inesorabile processo di “ellenizzazione” portò a radicali mutamenti in vari campi: cultura materiale, lingua, organizzazione abitativa, usi funerari, aspetti della religiosità ecc. Nel passaggio dall’età arcaica a quella ellenistica, inevitabilmente, i centri sicani, siculi ed elimi, perdettero le loro peculiari caratteristiche di villaggi indigeni, a favore di città, più o meno grandi, strutturate secondo canoni ed impianti di tipo greco.

Le Epoche Storiche Rappresentate al Museo Hippana di Prizzi

Sulla Montagna dei Cavalli, nota anche come Monte di S.Lorenzo, si sviluppò un grande e prospero abitato, che dalle testimonianze archeologiche finora raccolte, fu in vita in età greca e sino alla conquista Romana dell’isola, alla metà del III sec.a.C.

Età Preistorica

Le prime tracce di popolamento preistorico nel territorio di Prizzi si concentrano nelle aree di Mulino Soprano e Portella Imbriaca. In particolare, a Portella Imbriaca sono stati rinvenuti numerosi reperti ceramici attribuibili alla cultura di Rodi-Tindari-Vallelunga, risalente alla prima Età del Bronzo, intorno alla metà del II millennio a.C. Questi ritrovamenti suggeriscono la presenza di insediamenti stabili e una vivace attività culturale in questo periodo.

Età Arcaica e Classica

Durante l’età arcaica e classica, numerosi insediamenti sorsero nell’area, tra cui Monte Colobria, Liste della Margana e Cozzo S. Nicola, tutti strategicamente situati su alture dominanti. Questi villaggi, risalenti al VII-VI secolo a.C., evidenziano l’importanza del controllo del territorio in questo periodo. Monte Colobria si distinse per la sua continuità abitativa fino all’età moderna, mentre altri, come Liste della Margana, ebbero una durata più breve, cessando di essere abitati entro il V secolo a.C. Parallelamente, la Montagna dei Cavalli, un insediamento sicano fondato probabilmente nel VII secolo a.C., beneficiò dei contatti commerciali con le colonie greche di Gela, Himera e Agrigento, nonché con le città puniche di Palermo e Solunto. Questo centro prosperò fino ai primi decenni del V secolo a.C., quando eventi storici legati ai rapporti tra Sicani, Greci e Punici causarono un declino demografico e socioeconomico, riflesso anche in altri insediamenti della Sicilia centro-occidentale.

Età Ellenistica

Nel IV secolo a.C., Montagna dei Cavalli visse un periodo di rinnovata prosperità, testimoniato da imponenti opere edilizie come una doppia cinta muraria e un teatro, simbolo di crescita demografica ed economica. L’abitato godeva di autonomia, pur essendo sotto l’influenza cartaginese nella Sicilia occidentale. Tuttavia, la città fu vittima di episodi violenti, forse legati alle campagne di Agatocle o Pirro, e subì una distruzione definitiva intorno alla metà del III secolo a.C., probabilmente durante la prima guerra punica. Identificata con Hippana, la città sarebbe stata conquistata dai Romani nel 258 a.C., segnando la fine della sua fioritura. Parallelamente, l’età ellenistica vide un incremento degli insediamenti rurali nel territorio, favoriti da un clima politico stabile sotto il controllo romano. Questi piccoli nuclei abitati, situati in aree strategiche lungo corsi d’acqua, riflettevano un’economia agricola e pastorale basata su proprietà di dimensioni medio-piccole.

Età Imperiale Romana

Durante il periodo imperiale romano, il territorio raggiunse la massima densità abitativa. Dal I al VI/VII secolo d.C., la maggior parte dei siti ellenistici continuò ad essere occupata, mentre altri insediamenti di nuova fondazione si svilupparono per rispondere alla crescente richiesta agricola. Questo periodo è caratterizzato dalla diffusione capillare di insediamenti rurali, che riflettevano un sistema produttivo altamente efficiente.

Età Medievale e Moderna

Con l’arrivo del periodo bizantino e delle incursioni musulmane, molti insediamenti rurali furono abbandonati o trasformati. Tuttavia, l’epoca normanna portò una nuova vitalità, con la costruzione di monasteri come quello di San Cristoforo e il casale di Margana, che acquisirono grande rilevanza economica e religiosa. Questo periodo segnò anche l’origine del moderno centro abitato di Prizzi. La crisi demografica del XIV e XV secolo, tuttavia, determinò l’abbandono di molti centri rurali, portando a una riorganizzazione del territorio.

Ogni epoca storica rappresentata al Museo Hippana evidenzia l’evoluzione sociale, economica e culturale di questo territorio unico, offrendo ai visitatori una prospettiva completa sulle radici profonde di Prizzi e dei suoi dintorni.

Montagna dei Cavalli è Hippana?

L’identificazione del sito posto sulla Montagna dei Cavalli ha da sempre costituito un problema di difficile soluzione, contribuendo a tenere vivo l’interesse di storici, archeologi e studiosi locali su questo sito. Il collegamento proposto fin dall’ottocento dal Crispi con l’antica Hippana è sempre scaturito dalla lettura di un noto passo storico:

gli eserciti romani… dopo l’arrivo dei nuovi consoli Aulo Atilio e Caio Sulpicio, mossero contro Palermo, perchè lì svernavano le forze dei Cartaginesi. Giunti in vista della città i consoli disposero i loro eserciti in ordine di battaglia, ma i nemici non si mossero: essi rivolsero allora il loro impeto contro la città di Ippana che presero d’assalto, quindi conquistarono pure Mittistrato, che per lungo tempo aveva sostenuto l’assedio, difesa dall’asprezza dei luoghi
(Polibio. I, 24, 10)

Non sempre tuttavia gli studiosi sono stati concordi sulla identificazione di questo centro con la Ippana conquistata dai Romani nel 258 a.C., nel corso degli eventi della I guerra punica; infatti, sebbene gli storici antichi, menzionano Ippana (Polyb.) o Sittana (Diod.) tra le città della Sicilia centro-occidentale conquistate dai romani nel corso degli eventi bellici, non ci forniscono tuttavia  alcun indizio certo per la sua localizzazione.

Le diverse tesi (Crispi 1836, Tirrito 1873, Holm 1896, Raccuglia 1910, Pace 1935, Tusa 1961, Trasselli 1969, Manni 1981) sono state sempre proposte sulla scorta di osservazioni di carattere topografico e numismatico erudito, senza, comunque, mai raggiungere risultati definitivamente convincenti.

Il Collura per primo, nel 1971, fonda la sua tesi a favore della identificazione Montagna dei Cavalli = Ippana su valide motivazioni scientifiche; egli infatti, sulla base di alcuni documenti medievali dimostra inequivocabilmente che tra l’XI ed il XIII secolo la Montagna dei Cavalli era chiamata “MontisYpane, il vallone sottostante “vallonem de Ypanis o Ypano” e la chiesetta di S. Lorenzo “Ecclesia SanctiLaurentii de Ypano”. Tale coincidenza di nome per questi luoghi, dopo più di un millennio dalla distruzione di Hippana, in forma pressoché inalterata, è indubbiamente suggestiva e difficilmente casuale. Una volta scomparsa la città, il termine Hippana potrebbe essere rimasto ad indicare i luoghi; non è improbabile la persistenza dell’originale nome greco, in considerazione anche del fatto che, come ben noto, i toponimi orografici o idrografici hanno una tenacissima continuità nel tempo.

Il contributo archeologico al momento più significativo viene, tuttavia, dalla numismatica.

Una litra d’argento con i tipi dell’aquila su capitello e leggenda IPANATAN al dritto, e con delfino e conchiglia sul rovescio, di provenienza sconosciuta, è nota  fin dal secolo scorso. Ben più significative sono però gli esemplari bronzei con l’effigie di un toro cozzante (e in alcuni esemplari iscrizione IPA) al dritto e la figura di un astragalo al rovescio, riconiato sulla serie punica con testa maschile e cavallino in corsa.

Questa serie, databile dalla seconda metà del IV sec. a.C. è stata attribuita alla zecca di Hippana. Pertanto il rinvenimento nel corso degli scavi di ben sedici esemplari rafforzano l’ipotesi della presenza di questa zecca sulla Montagna dei Cavalli, e quindi la sua identificazione con Hip

Il Contesto Geografico

La Montagna dei Cavalli si trova nella parte orientale dei Monti Sicani, vasto sistema orografico che si estende su un’ampia zona della Sicilia centro-occidentale. La cornice naturale entro cui si colloca la montagna è caratterizzato da alti e tormentati rilievi calcarei, separati da valli spesso strette e profonde. Quest’area, ricca di riserve d’acqua e di lembi di bosco, oltre alle sue diversificate risorse naturali di facile sfruttamento (legname, pascoli e terreni da coltivare) doveva offrire nell’antichità ottime condizioni per l’insediamento umano. Inoltre, la specifica posizione di questo territorio, posto a cerniera tra due zone molto importanti per la storia della Sicilia centro-occidentale-ad est le alte vallate del fiume Platani e del fiume Torto, ad ovest l’alta e media valle del fiume Belice sinistro-ha probabilmente da sempre costituito un elemento determinante per la sua antropizzazione.

Pur ricadendo in un tratto montuoso e interno non mancano possibilità di rapido collegamento con le aree costiere: il Tirreno è raggiungibile attraverso il fiume S. Leonardo ed il torrente della Margana suo affluente. In direzione della costa meridionale il percorso più diretto è quello del fiume Sosio-Verdura che si getta nel Mediterraneo nel tratto compreso tra Eraclea Minoa e Sciacca. Verso il fiume Torto e l’alta valle del Platani, il tracciato naturale più agevole è quello ancora oggi seguito dalla strada statale 188 per Lercara Friddi; altrettanto rapido è il collegamento con la media valle del Platani, lungo quello che dovette essere probabilmente il percorso dell’antica strada consolare romana Agrigento-Palermo, che non doveva passare molto lontano dalla Montagna dei Cavalli.

Topografia Dell’Antica Città

La Montagna dei Cavalli è un rilievo calcareo di forma pressoché triangolare, che si allunga in senso est/ovest per circa due chilometri e mezzo; ad Est e a Sud lo delimitano alte e ripide pareti rocciose a precipizio sui torrenti che alimentano l’alto corso del fiume Sosio. L’antico abitato occupava la parte orientale e più elevata del monte, che raggiunge sulla cima 1007 metri d’altezza., mentre quella occidentale, dov’era situata una vasta necropoli, degrada con andamento irregolare verso il fondovalle. E’ proprio su questo lato, rivestito in parte da un bel bosco di roverella, che va localizzato il principale accesso naturale all’antica città.

Abbiamo oggi una discreta conoscenza della disposizione degli elementi fondamentali del centro di Montagna dei Cavalli di prima età ellenistica, che ricalcano probabilmente, negli aspetti principali, la suddivisione degli spazi del più antico centro indigeno di età arcaica. Le necropoli erano situate sui versanti occidentale e settentrionale, mentre l’abitato, delimitato da una cinta fortificata, occupava la parte orientale del monte; al suo interno, le abitazioni si sviluppavano sui fianchi del monte, mentre spazi ed edifici particolari a carattere pubblico erano probabilmente concentrati sul vasto pianoro superiore, che costituisce una vera e propria acropoli naturale.

Le fortificazioni

La città di prima età ellenistica, era dotata di un poderoso impianto difensivo. Già la stessa conformazione morfologica del rilievo presenta caratteristiche naturali idonee alla difesa, tali caratteristiche vennero comunque esaltate dalla creazione di un ampio sistema fortificatorio, destinato ad integrare gli elementi naturali e a chiudere entro solide mura l’intero abitato.

Sono state identificate due cinte murarie, una inferiore, lungo il perimetro esterno della città, l’altra superiore, costruita a coronamento del pianoro dell’acropoli. La scelta del percorso lungo cui realizzare i muri, appare condizionata dalla morfologia del rilievo; entrambe le cinte vennero infatti costruite adattandole al profilo della montagna; nel caso dell’acropoli la fortificazione segue il ciglio esterno, mentre la cinta inferiore si snoda per un lungo percorso ai margini di un terrazzo naturale che circonda su tre lati il monte. Non va esclusa la presenza, tra queste due cinte, di muri intermedi con funzione difensiva, come attesta una poderosa struttura muraria, tagliata dalla stradella forestale quasi al centro del versante occidentale; disposta in senso diagonale rispetto alle curve di livello e collegata alla cinta inferiore, che fa presupporre un complesso sistema fortificatorio della città in grado di consentire una divisione e quindi anche una difesa per settori dell’abitato.

La cinta inferiore

Il muro si sviluppa lungo tutti i fianchi del monte, ad eccezione di un tratto sul versante meridionale, dove le pareti a strapiombo sul Fiume Sosio rendevano superflua ogni difesa artificiale.
L’area chiusa dalla cinta muraria, estesa circa 30/35 ettari, ha forma irregolarmente trapezoidale con il lato maggiore sul versante meridionale. La fortificazione corre per quasi due terzi tra le curve di livello dei 900 e 925 metri di altezza, raggiungendo quote maggiori solo sul lato orientale, per adattarsi alla particolare conformazione del rilievo. Il muro è realizzato a doppio paramento, con riempimento interno di terra e pietrame. Sui paramenti sono impiegate lastre di calcare locale, di dimensioni variabili, che raggiungono talvolta anche 1 m di lunghezza. Lo spessore varia da m 1,5 circa, nel tratto esplorato presso la torre sud/ovest, a m 2 riscontrati in molti altri punti del circuito.

La Torre e la Porta di Sud-Ovest

Dei diversi accessi esistenti lungo il percorso del muro di cinta, solo uno è stato finora individuato ed in parte esplorato. Probabilmente si tratta del più importante, in quanto consente il collegamento con il versante occidentale del monte, in corrispondenza della via di accesso naturale più agevole, consentendo inoltre di raggiungere la principale necropoli di Montagna dei Cavalli.

Sono stati messi in luce pochi resti di una torre addossata alla porta cittadina. La torre ha pianta quadrangolare, e se ne conserva interamente il lato orientale (m 5) mentre quello occidentale (non superiore ai 6 m) è interamente franato a valle. Su uno dei blocchi del filare inferiore del lato N è incisa una lettera “alfa”, da interpretare forse come segno di cava. Sul lato orientale della torre si innesta il muro di fortificazione, sul quale si attestano altri muri relativi probabilmente ad ambienti costruiti a ridosso della porta e funzionali alla sua difesa. Il complesso della torre sud/ovest può essere tra la seconda metà del IV sec. a.C. e i primi decenni del secolo successivo.

La cinta  superiore

Anche il pianoro superiore dell’acropoli, nella seconda metà del IV sec. a.C., venne munito lungo tutto il suo perimetro con un muro di cinta. Questa seconda linea difensiva era dotata probabilmente di vari accessi; una prima porta, forse la più importante, doveva essere situata al centro del versante occidentale, altre due sembrano individuabili agli angoli nord-ovest e sud-est. Infine un quarto stretto ingresso era presso il vertice nord-est del pianoro, dove sono stati messi in luce i resti della cosiddetta torre nord-est. Il muro è spesso in media m 2,ed ha caratteristiche analoghe a quelle già viste per la cinta inferiore.

La Torre Nord Est

Presso l’angolo nord-orientale dell’acropoli sono stati quasi interamente messi in luce i resti di una torre, posta a controllo del versante settentrionale del monte e a difesa di una piccola via di accesso (postierla) all’acropoli. La torre ha pianta rettangolare (m 12×8), ed è orientata in senso nord/est sud/ovest.

La torre fu in vita tra la seconda metà del IV e la metà del III sec. a.C., ma in questi decenni subì sostanziali modifiche, databili intorno ai primi decenni del III sec. a.C., in coincidenza con eventi traumatici che interessarono più in generale tutta la città. In un primo momento la torre era infatti ripartita in almeno 3 vani ed era in uso, sul fianco orientale dell’edificio una postierla di accesso all’acropoli, larga 1 m. Nella seconda fase questa piccola porta venne obliterata, e l’interno venne ripartito in 5 vani.

La destinazione strategica della torre e la sua funzione difensiva, trovano conferma anche dal rinvenimento all’interno dei vani, di armi metalliche (punte di frecce e di giavellotti). Il rinvenimento di numerose monete sui pavimenti, anfore da trasporto puniche, contenitori fittili e armi, fanno pensare all’abbandono improvviso della torre, alla metà del III sec. a.C., a seguito di un violento attacco, da collegare probabilmente con l’ipotizzata presa della città nel contesto storico della I guerra punica.

L’Acropoli

L’acropoli di Montagna dei Cavalli è costituita dalla vasta spianata sommitale del monte, ampia circa tre ettari e mezzo. La centralità e l’importanza del luogo, tanto dal punto di vista urbanistico, quanto fisico, viene sottolineata dal carattere probabilmente pubblico rivestito dai pochi edifici finora noti e dal fatto il pianoro fu dotato di una propria ed autonoma cinta fortificata. Gli edifici finora individuati sembrano seguire una disposizione ed un orientamento regolare, in senso nord/ovest sud/est, che ben si adatta alle linee di pendenza del terreno.

E’ probabile, infine, che sull’acropoli sia da localizzare l’agorà, la piazza pubblica, punto centrale nevralgico della vita della città. A tale destinazione potrebbe infatti essere stata assegnata un’area situtata poco sotto il vertice del monte, costituita da un’ampio spazio nel quale non abbiamo ancora trovato traccia di edifici, e dove il piano roccioso naturale appare a tratti livellato artificialmente.

L’Edificio B

Pochissimi sono i resti di questo edificio, a pianta rettangolare, esteso in senso nord/ovest sud/est per almeno m 19, mentre imprecisabile è la larghezza. Era artivolato in almeno due vani, uno più esteso ad Ovest, ed uno più piccolo ad Est, con ingresso a Sud, da cui proviene l’unico strato archeologico ancora in situ che conferma, al pari degli altri edifici di Montagna dei Cavalli, una distruzione violenta intorno alla metà del III sec. a.C. Tra i pochi materiali rinvenuti in questo strato si segnalano: un gruzzoletto di 12 monete di bronzo siculo-puniche, un piccolo unguentario integro, una lucerna e un piatto a vernice nera quasi integri. Da questo vano proviene anche la nota lamina d’argento dorato, decorata a sbalzo (cm 1,8×1,6) con l’enigmatica immagine di un volto barbato, probabilmente di una divinità, raffigurata in triplice veduta (frontale e con i due profili laterali) magistralmente resa in un’unica immagine. Tale iconografia, che non trova confronti in rappresentazioni dello stesso periodo in Sicilia, decorava uno strumento di ferro, forse il manico di un pugnale.

Considerati la collocazione dell’edificio (quasi al vertice dell’acropoli) il suo sviluppo planimetrico e i materiali del vano 2, che facevano forse parte di un deposito votivo, si può pensare ad un piccolo edificio a carattere sacro, con schema a pianta rettangolare molto semplice, non molto differente dal tipo di edificio sacro messo in luce, ad esempio, nel sito di Monte Adranone, nei pressi di Sambuca di Sicilia, in un contesto analogo per datazione – fine IV prima metà III sec. a.C. – e per ambito politico e culturale di riferimento, essendo anch’esso caratterizzato da una forte influenza punica.

Edifici C, D e Vano I

Questo complesso di strutture si trova nella zona centro meridionale dell’acropoli ed occupa, per la parte finora scavata, un’area estesa circa 400 mq.

L’edificio C, a pianta circolare (diametro esterno m. 5, interno m. 2,2) e con apertura probabilmente sul lato nord/ovest, si è conservato solo in fondazione. Nello scavo dello strato di riempimento sottostante il pavimento, sono state recuperate 28 monete di bronzo, tra cui un bronzo di Agatocle, che permette di datare la costruzione dell’edificio tra la fine del IV e l’inizio  del III sec. a.C. Gli edifici a pianta circolare, pur se non rari, come attesta l’esempio di Monte Adranone, non sono molto diffuse in Sicilia nella prima età ellenistica, per cui ogni ipotesi circa la sua funzione, in assenza di altri dati, è ancora prematura. L’edificio C si sovrappone e oblitera una costruzione più antica databile intorno alla metà del IV sec.a.C.

A Sud dell’edificio C è stato individuato il Vano I, a pianta rettangolare (m. 5,5×4) con ingresso sul lato meridionale. I muri sono elevati direttamente sul piano roccioso. La copertura era a spioventi, con impiego di tegoli piani a listello laterale e di kalypteres(coppi) ; un sottile strato di intonaco bianco rivestiva le pareti interne. Tra i materiali rinvenuti si segnalano 23 oscilla rotondi con due fori per la sospensione e 28 monete di bronzo, la cui datazione conferma una data finale per la distruzione anche di questo vano, intorno alla metà del III sec. a.C.

Nell’area a Sud/Ovest dell’edificio C è stato anche possibile identificare parte delle strutture murarie dell’edificio D, ancora da esplorare ma certamente relativo ad una fase precedente l’impianto dell’edificio C e del vano I, che vi si sovrappose parzialmente. L’edificio, di cui resta ancora sconosciuta la destinazione e la funzione, ha pianta rettangolare (m. 23×6,7) ed è ripartito in almeno due vani.

L’Abitato

I dati sull’impianto urbano e sulle abitazioni di questa città sono ancora estremamente limitati; la vastità dell’area e le problematiche generali finora affrontate non hanno infatti ancora consentito di avviare scavi nell’area dell’abitato, che doveva comunque estendersi per circa 30/35 ettari, lungo tutti i fianchi del monte. Se però consideriamo che a questa superficie va sottratta l’area acropolica-occupata, prevalentemente da edifici pubblici- e i diversi tratti molto scoscesi, soprattutto sul versante meridionale, che difficilmente vennero occupati da costruzioni, la superficie che ipoteticamente si può ritenere interessata dall’abitato vero e proprio doveva aggirarsi intorno ai 25 ettari.

E’ possibile ipotizzare una sistemazione delle case su terrazze che andavano degradando dall’acropoli, lungo i fianchi del monte, fino alla fortificazione inferiore, con percorsi e strade che ne collegavano in modo organico le varie parti, superando probabilmente anche con tratti gradinati, i forti dislivelli che caratterizzano ampie parti della città.

Alcuni imponenti muri -a tratti visibili in superficie, in altri casi solo ipotizzabili dalle foto aeree- disposti quasi perpendicolarmente al pendio, potrebbero far pensare a muri cosiddetti di diateicismata, secondo una sistemazione urbana documentata dalle fonti antiche di età ellenistica, che prevedeva una separazione per settori della città, al fine di isolare e difendere meglio in caso di attacco, le varie zone dell’abitato.

Numismatica

Le monete più antiche – un didrammo dimezzato di Agrigento ed una litra di Himera, entrambi in argento – si riferiscono presumibilmente ad una precedente fase di vita della città. Le strette relazioni con le città della costa meridionale dell’isola sono attestate da una consistente presenza di emissioni di Agrigento e Gela, e da rarissime monete di Heraclea di Sicilia. Abbondanti sono gli esemplari di Siracusa, mentre sporadiche sono le emissioni di Thermai (= Termini Imerese) e di Kephaloidion (=Cefalù).
Interessante è il ritrovamento di una moneta piuttosto rara – con Cavallo sul dritto e Foglia sul rovescio – attribuibile ad una zecca non precisabile della Sicilia occidentale. La presenza di uno statere corinzio in argento e di una litra bronzea di Suessa Aurunca, conferma la diffusione delle valute corinzie e campana in Sicilia net IV e nel III sec. a.C.
Quasi tutte le monete trovate negli scavi sono anteriori alla metà del III sec. a.C.. il che depone a favore di una distruzione del centro durante la prima Guerra punica. Soltanto un esemplare siracusano è sicuramente posteriore, ma è stato trovato in terreno superficiale e potrebbe perciò spiegarsi con una frequentazione episodica del sito.

Circa il 70% delle 285 monete antiche rinvenute è costituito da emissioni puniche in bronzo diffuse in Sicilia tra il IV e la metà del III sec. a.C., soprattutto da quelle con Testa di Core  / Cavallo e palma, e con Testa maschile / Cavallo in corsa, seguite in percentuale dalle emissioni con Palma / Protome equina, con Testa maschile / Parte anteriore di cavallo, con Palma / Pegaso e con Testa di Core / Protome equina. E’ presente anche una litra in argento a legenda sys.

Il Teatro

L’ipotesi sull’esistenza di un edificio teatrale risale a vecchie interpretazioni ed affonda le sue radici in una lunga tradizione locale. Pur non disponendo ancora di dati obiettivi certi, riteniamo tuttavia che vi siano numerosi e attendibili elementi a favore di un’interpretazione delle strutture murarie, situa immediatamente a Nord della cima di Montagna dei Cavalli, come resti di un teatro.

Già negli interventi degli anni sessanta vennero messi parzialmente in luce due muri, da identificare probabilmente come quelli di analemma della cavea; furono inoltre aperte lunghe trincee nella zona della probabile cavea, senza tuttavia trovare alcun elemento in situ delle gradinate, probabilmente danneggiate da un generale scivolamento a valle. I muri di analemmadella cavea sono perpendicolari rispetto alle curve di livello e misurano m 24 quello orientale e m 17 quello occidentale e si incontrano ad angolo con altri due muri, parzialmente in vista, interpretabili come muri di analemma sulle parodoi.

Se vera l’ipotesi del teatro, la cavea avrebbe un diametro di poco superiore a m 50, un edificio scenico quindi di medie dimensioni, ricavato sfruttando in parte l’andamento a conca del terreno, in quest’area a ridosso dell’acropoli, ma che necessitò anche di interventi di riempimento e di sistemazione, per realizzazione la parte superiore della cavea.

La Necropoli Occidentale

La necropoli occidentale di Montagna dei Cavalli, nonostante non vi siano stati mai realizzati interventi sistematici di scavo, è tristemente nota da almeno un secolo per i ripetuti e devastanti saccheggi da parte di clandestini, che hanno sistematicamente distrutto migliaia di sepolture, disperdendo un patrimonio archeologico che dalle notizie indirette dei rinvenimenti occasionali e dai resti delle sepolture saccheggiate doveva essere di grandissimo interesse tanto per le tipologie funerarie, quanto per il complesso dei reperti.

L’area cimiteriale si estende per una cinquantina di ettari su tutto il versante centrale e occidentale della Montagna dei Cavalli, a partire dalla fascia immediatamente esterna alla cinta di fortificazione inferiore, lungo i terrazzi che vanno via via degradando, fino al fondovalle, in prossimità del corso del fiume Sosio.

Le tombe più diffuse dovevano essere quelle a fossa, con pareti scavate nel terreno, foderate con lastre di pietra disposte per taglio o con muretti di blocchetti calcarei, in alcuni casi costruiti con cura e di dimensioni anche eccezionali. La copertura era a semplice lastra di pietra, oppure a tegoli piani disposti a spioventi (collegati da kalipteres o da argilla) che poggiavano sulle pareti, talvolta con sagomature per l’incasso dei tegoli. In diverse tombe le pareti erano rivestite con intonaco bianco. In alcuni casi, la presenza intorno allo scheletro di chiodi attesta l’uso di deporre il cadavere anche entro casse lignee. In qualche caso sulle pareti erano presenti delle nicchie ricavate nella fodera di muratura, sui lati lunghi. Queste nicchie, dalla descrizione del Valenti, che negli anni cinquanta scavò numerose tombe, erano profonde in media 25 cm, e all’interno era collocata parte del corredo.

Il rinvenimento di elementi architettonici di pietra calcarea o arenaria, tra la terra di risulta degli scavi clandestini, attesta probabilmente anche la presenza di monumenti funerari. La presenza di oggetti di particolare pregio, come i diademi dorati decorati a sbalzo oggi al Museo di Palermo, sono inoltre indizio indiretto di una discreta agiatezza degli abitanti della città intorno alla fine del IV sec. a.C.